Esame chimico per la datazione degli inchiostri

Per la datazione dell’inchiostro nulla si può fare fuori da un laboratorio chimico.

Il Grafologo non può valutare ictu oculi l’età dell’inchiostro, ma può analizzare il tipo di carta utilizzato. Con l’esame in trasparenza può valutare se la carta rispecchia, come periodo di fabbricazione, la data del documento.

Se si trova ad esempio un testamento del 1800 vergato su un foglio protocollo che riporta in controluce il marchio di fabbricazione, ad esempio del 1900, siamo già certi che la data riportata sul testamento non può essere veritiera.
Il Grafologo, presso il proprio studio, può osservare con un buon microscopio quale fra due inchiostri è il più invecchiato. Quando l’inchiostro invecchia perde in lucentezza, si opacizza la parte esterna dei pigmenti di inchiostro.

Per un’analisi sicura dell’invecchiamento degli inchiostri bisogna chiedere aiuto a un chimico specializzato.

Per un’esame chimico è, però, spesso necessaria l’autorizzazione del Giudice, in quanto il documento deve essere alterato e danneggiato (anche se solo in piccoli punti). Il Perito chimico asporta delle particelle di inchiostro o di carta che verranno trattate in laboratorio con specifici solventi.
L’invecchiamento dell’inchiostro è dovuto non solo all’effettiva datazione, ma anche a come viene conservato il documento. Resta esposto al sole per tanto? Viene conservato in un cassetto? Vari elementi incidono.
Anche in un laboratorio non è sempre certo che si arrivi a una datazione: è importante avere elementi comparativi idonei, quindi scritture vergate con lo stesso inchiostro e conservate in maniera simile.

In assenza di scritture idonee vi è un secondo approccio possibile. Per ottenere un campione di data nota si può procedere all’osservazione sperimentale dell’alterazione delle resine. L’invecchiamento dell’inchiostro si completa in un periodo, che dipende dalla formulazione dell’inchiostro, compreso tra i tre e i cinque anni dalla data di deposizione sulla carta. Una volta passati 3-5 anni dall’apposizione della scrittura lo scorrere del tempo non provoca
più ulteriori cambiamenti nella solubilità dell’inchiostro. Basandosi su questa tesi, come termine di paragone, in
mancanza di scritture di data certa realizzate con lo stesso inchiostro, si utilizza un’aliquota dell’inchiostro in accertamento, facendola invecchiare artificialmente.

È stato dimostrato che sottoponendo a riscaldamento controllato gli inchiostri, questi subiscono un processo di alterazione molto simile a quello dell’invecchiamento. Disponendo dunque di tratti di scrittura prelevati dal documento in verifica e trattati artificialmente si può confrontare il loro comportamento con quello delle scritture oggetto di accertamento. Si può quindi stabilire se nel documento in analisi l’inchiostro abbia completato il suo
processo di invecchiamento (dunque abbia più di 3-5 anni) o meno (sia dunque più recente di 3-5 anni).

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